I dati dell’Ocse sono INEQUIVOCABILI.
Se in Francia e Germania le retribuzioni hanno registrato, rispetto al 1991, aumenti a doppia cifra, in Italia sono addirittura SCESE dell’1%: da 45.342 a 44.893 dollari (a parità di potere di acquisto). Nel frattempo, gli stipendi medi di tedeschi e francesi sono SALITI rispettivamente di 13.747$ e 13.125$, attestandosi a 58.940$ e 52.764$.
A contribuire al disastro c’è un altro fattore allarmante: in Italia solamente il 6% dei contratti a termine viene convertito a tempo indeterminato, mentre il 46,7% dei dipendenti precari ha un contratto inferiore ai 6 mesi.
Secondo il think thank del forum Ambrosetti, andato in scena a Cernobbio, anche solo dimezzare il divario salariale tra l’Italia e la Germania avrebbe effetti STRAORDINARI sul PIL e sul gettito fiscale. Si attesta che i consumi nazionali salirebbero del 4,8%, con un beneficio sul prodotto interno lordo del 3,8%. Parliamo di circa 74 miliardi in più.
Come confermato dalla nota dell’Ambrosetti, anche molti imprenditori si sono ormai convinti che per il futuro del Paese è FONDAMENTALE agire sulla situazione salariale. Si innescherebbe un circolo virtuoso: più denaro nelle tasche delle famiglie equivale, infatti, a più potenzialità di spesa.
Quando se ne renderà conto anche il governo, forse sarà troppo tardi…